2019 09.09

E’ necessario comunicare con tempestivita’ la motivazione nel recesso per giusta causa?

Commento Sentenza sez lavoro Cassazione Civile, n. 1754/2018

Nella sentenza della Cassazione n. 1754/2018, viene dibattuto il caso del recesso per giusta causa da parte di Casa Mandante in seguito ad una serie di comportamenti dell’agente protrattisi nel tempo, così descritti: “un atteggiamento di aperta polemica e contestazione nei confronti della società mandante tale da reputare impossibile la prosecuzione del rapporto, sia pure per il limitato periodo del preavviso“.

Ci si chiede se la tempestività della contestazione dei motivi del recesso, se cioè gli addebiti debbano essere necessariamente comunicati in modo dettagliato contestualmente al recesso o se la contestazione possa essere anche successiva o addirittura inesistente (per le motivazioni che di seguito saranno indicate ).

Il Tribunale di primo grado aveva accolto le richieste dell’agente relativamente alla inesistenza dei presupposti della giusta causa per la genericità delle contestazioni e per il tempo trascorso (circa 7 mesi) tra la condotta indicata e l’interruzione del rapporto ed aveva condannato la mandante alla corresponsione dell’indennità di fine rapporto e dell’indennità sostitutiva del preavviso come previsto dalla contrattazione in materia d’agenzia.

In secondo grado la Corte d’Appello riformava la sentenza di primo grado e respingeva tutte le domande dell’agente accolte in primo grado .

Da qui il ricorso per Cassazione.

Uno dei motivi di impugnazione riguarda proprio la violazione e la non corretta applicazione dell’art. 2119 c.c., per la genericità degli addebiti contestati e per l’assenza di motivazione del recesso per giusta causa.

La Corte rileva che, pur non essendo stata formalmente contestata in modo specifico nella comunicazione di recesso, la condotta scorretta dell’agente era stata comunque provata durante l’istruttoria, nel corso del giudizio.

Viene quindi richiamato un precedente della stessa Suprema Corte (Cass. n. 3084/2000), per il quale: “ai fini della legittimità del recesso nel rapporto di agenzia, il preponente non deve fare riferimento, fin dalla comunicazione del medesimo, a fatti specifici, essendo al contrario sufficiente che di essi l’agente sia a conoscenza aliunde o che essi siano, in caso di controversia, dedotti e correlativamente accertati dal giudice”.

L’assenza di contestazioni specifiche nella comunicazione di recesso, eccepita dall’agente, non preclude, per la Corte di Cassazione, l’applicabilità dell’art. 2119 c.c.

Il principio dell’immediatezza, immutabilità e specificità della contestazione, elaborato dalla giurisprudenza in materia di lavoro subordinato, viene quindi interpretato in maniera molto più soft dalla Suprema Corte nel caso del lavoro parasubordinato ; quanto alla nozione di giusta causa, la Cassazione (in termini Cass. n. 5072 del 1977) ha precisato che costituisce giusta causa di recesso del contratto di agenzia qualunque fatto che sia tale da incidere sul rapporto di fiducia proprio del contratto di agenzia e tale da arrecare comunque danno, diretto o indiretto, agli interessi delle parti.

Non è necessario che la mandante indichi in modo particolareggiato gli addebiti all’atto del recesso, quando risulta che l’agente ne sia comunque a conoscenza. Anzi, le circostanze che hanno portato alla fine del rapporto possono essere addirittura dedotte e accertate in sede di controversia giudiziale.

Chiaramente andrà valutato caso per caso ogni situazione onde poter comprendere ,secondo i dettami della giurisprudenza , di quali circostanze tener conto in caso di disdetta per giusta causa.

Avv. Maria Rosaria Pace

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